2 – PASSAGGIO FUORI LE MURA E PORTA MURATA

DA PORTA MURATA A S.FRANCESCO

Per rientrare nel centro storico, anziché ripercorrere la strada già fatta, è consigliabile ritornare su Viale Capocci per dare uno sguardo al Palazzo dell’Economia (costruito nel 1933) e costeggiare le mura fino a Porta Murata (1), realizzata nell’ambito delle fortificazioni del 1208 e conosciuta nel Medioevo col nome di “Porta di Capo di Piagge”.

CURIOSITA’: Tra il luglio 1943 e il giugno 1944 Viterbo fu oggetto di violentissimi bombardamenti da parte dell’aviazione alleata. Al termine del conflitto si contarono più di mille vittime e 1/5 delle abitazioni risulteranno distrutte. La città fu insignita della Medaglia d’Argento al Valore Civile per l’eccidio subito durante la guerra. Tra i bombardamenti più drammatici vi fu quello del 17 gennaio 1944 quando furono sganciate 90 tonnellate di bombe sulla stazione ferroviaria di Porta Fiorentina e sul parcheggio delle autolinee Garbini (erano sulla destra di Porta Murata, all’esterno delle mura) entrambe gremite di persone; si ebbero più di 200 morti ed un migliaio di feriti, oltre alla distruzione di molte case e della Basilica di S. Francesco.

Continuando su Via S. Bonaventura, sulla sinistra si scorgono le case della contrada chiamata “Cunicchio”, in epoca medioevale abitata da contadini e allevatori (2); per i soliti curiosi si segnala che, in un seminterrato al civico 19 di Via Porta Murata, è visibile una colonna romanica a sostegno di quattro arcate a tutto sesto; è tutto ciò che resta della chiesa altomedievale di S. Giovanni in Sonsa.

Via S. Bonaventura termina in un incrocio che prende il nome di Piazza Vittoria e sul quale era la chiesa di S. Luca, distrutta dai bombardamenti della seconda Guerra Mondiale; al civico 28 di Via Matteotti è rimasto un simbolo della parrocchia scolpito nel peperino, un bue (emblema di S. Luca) sormontato da una Croce. All’inizio di Via della Cava sono due eleganti palazzetti che sulla facciata (civici 2 e 10) propongono interessanti stucchi e decori.

Presa Via Matteotti, quasi a metà percorso, sulla destra si segue una traversa dedicata a S. Francesco e, quindi, Via Braccia di S. Francesco che prende il nome dallo stemma francescano (due braccia incrociate) scolpito su una pietra angolare posta al culmine della salita.

Sulla successiva verde piazzetta dedicata al santo assisiate, si erge in tutta la sua grandezza la chiesa di S. Francesco  fondata nella prima metà del XIII secolo per volontà di papa Gregorio IX su un’area in precedenza occupata da un borgo chiamato Castel Sant’Angelo (3). La chiesa e l’annesso convento hanno subito irrimediabili danni a causa dei bombardamenti del 1944. I rifacimenti del dopoguerra hanno riportato alla luce l’antico stato della chiesa gotico-francescana, in parte nascosto dalle sovrapposizioni del XVI-XVII secolo, consegnando un’immagine della S. Francesco viterbese eccezionalmente vicina al modello di Assisi. Il portale della facciata è stato inserito durante i restauri utilizzando i resti di una porta laterale del 1372; sullo spigolo destro è un pulpito del 1429 eretto in onore di S. Bernardino da Siena che aveva predicato per le vie della città.

L’interno, a croce latina, presenta una navata unica (60 m.) coperta a capriate lignee poggianti su arconi traversi ogivali; il transetto è coperto da ampie volte a crociera ed il grande presbiterio rettangolare ha un’ariosa quadrifora gotica. Perduti gli affreschi che ricoprivano le pareti, non dissimili da quelli giotteschi delle basiliche assisiate, le maggiori testimonianze artistiche della chiesa sono rappresentate dai monumenti funerari. All’inizio della parete destra è un dipinto raffigurante la Vergine col Bambino tra i Santi, attribuita al viterbese Valentino Picca; proseguendo vi sono i resti della tomba del cardinale Marco da Viterbo, ministro generale dell’ordine francescano morto nel 1369; appresso sono i resti della cappella Bussi, con un bel busto raffigurante una nobildonna. In fondo al braccio destro del transetto vi è la cappella Gatti , il cui ingresso è caratterizzato da un arco a sesto acuto ornato da colonnine tortili e dallo stemma della famiglia; poco fuori la cappella, a destra, sono visibili i modesti resti della tomba duecentesca di Pietro di Vico  (opera di Pietro di Oderisio) mentre a sinistra vi è un Oliario firmato dal Vassalletto (XIII sec.). Nell’altro braccio da notare il portale della cappella Botonti (XVI sec.) ed il sarcofago in peperino del cardinale Landriano (XV sec.), di rimpetto ai quali è la tomba di Vicedomino Vicedomini, che secondo la leggenda morì dopo un solo giorno di pontificato (5 settembre 1276).

Poste in simmetria all’inizio dei due transetti stanno i mausolei di Clemente IV e di Adriano V , entrambi del XIII secolo. Il primo (sulla sinistra) fu trasportato in S. Francesco solo nel 1885 proveniente da S. Maria in Gradi; realizzato dallo scultore romano Pietro d’Oderisio è costituito da un basamento musivo, dal sarcofago romano con la statua del pontefice e da un baldacchino gotico; ai piedi del mausoleo si trova il sepolcro con statua di Pierre Le Gros, il nipote del papa. L’altro monumento funebre (sulla destra) è destinato alla sepoltura del genovese Adriano V, morto a Viterbo nel 1276. Attribuita da alcuni al grande Arnolfo da Cambio e da altri ad un allievo della scuola di Nicola Pisano, l’opera è costituita da una base e da un sarcofago ad intarsi policromi cosmateschi mentre il baldacchino, sorretto da colonnine tortili, ha nel timpano una testa di Giove.

Nella casa parrocchiale vi è un’interessante pinacoteca e una ricchissima biblioteca. Adiacente la chiesa vi era il convento e un palazzo che fu sede dei governatori papali fino al ‘400. Nel convento trovarono ospitalità alcuni papi ed imperatori, nonché il S. Bonaventura da Bagnoregio, dottore serafico della Chiesa. Gran parte del complesso conventuale è stato irrimediabilmente accorpato in un moderno edificio già comando del presidio militare.